Per la sfida del digitale ci sono 20 miliardi di euro a disposizione delle imprese

Il piano Next Generation EU per la digitalizzazione mette a disposizione per la sola Italia 48,1 miliardi di euro, di cui quasi venti alle imprese, mentre attribuisce a Spagna, Germania e Francia, nel loro insieme, un totale di poco meno di 42 miliardi: “È evidente che i ritardi italiani diventerebbero un freno per l’intera Europa”, scrive Patrizio Bianchi, questa mattina, su “Affari&Finanza”, l’inserto economico settimanale del quotidiano “la Repubblica”.

 

Patrizio Bianchi è un nome e ha un volto conosciuto perché è stato ministro dell’Istruzione nel Governo di Mario Draghi. Ma è un economista molto influente e ha un’esperienza come primo presidente di Sviluppo Italia, l’agenzia nazionale nata nel 1999 con il compito di valutare, razionalizzare e riunire le otto agenzie di sviluppo operanti in precedenza nel Mezzogiorno e oggi diventata Invitalia.

 

“Mentre il Pnrr mette a disposizione risorse finanziarie senza precedenti, i rischi ora sono connessi alla mancanza di personale preparato e più in generale alla nostra scarsa capacità di attrarre e mantenere le competenze necessarie per compiere il salto nella nuova economia”, scrive Bianchi, aggiungendo che “quando parliamo di ‘digitalizzazione’ in realtà parliamo di una varietà di tecnologie, dal blockchain al cloud, dalla GenAI alla robotizzazione, che debbono essere rese coerenti all’interno dell’impresa”.

 

“Tutto questo richiede competenze non solo tecniche, ma anche capacità operativa e capacità critica, sempre più necessarie in tempi di così rapida trasformazione. E qui si approda ad uno dei nodi cruciali per il nostro sviluppo: la scarsa attenzione per la formazione, l’attrazione e la retention delle persone che debbono sostenere e garantire nel tempo questa trasformazione organizzativa”, osserva Bianchi, che insegna all’Università di Ferrara dove da due anni ha la cattedra Unesco su Educazione, crescita e eguaglianza.

 

“Reskilling e formazione continua sono la risposta più rapida ai problemi di adeguamento alle trasformazioni in corso, ma questo implica che le stesse imprese con le loro Academy, con le loro attività formative, si sentano solidamente parte di un sistema educativo aperto ed inclusivo”, conclude l’ex ministro, citando l’esempio positivo del progetto Muner (Motorvehicle University Emilia Romagna) che, per rispondere alla crisi del settore dell’automotive, ha messo insieme le imprese emiliano-romagnole, anche appartenenti a gruppi in competizione fra loro, le loro academy, i componentisti, le quattro università, le scuole tecniche e gli ITS, le istituzioni locali per realizzare un polo educativo che risponda ai bisogni emergenti di formazione di tutto il territorio.

 

“Oggi sono molti gli strumenti con cui spingere le imprese a investire in formazione degli attuali o dei nuovi dipendenti”, dice Pierluigi Marseglia, amministratore delegato di ADTM, società specializzata in formazione finanziata che, sulla formazione 4.0 ha una certificazione Uni EN ISO 9001:2000 settore EA 37. “Negli ultimi anni – continua Marseglia – abbiamo affiancato 225 imprese che hanno potuto maturare circa 8 milioni di euro di credito d’imposta con i nostri progetti attraverso cui 3.125 persone hanno acquisito competenze 4.0”.